
Per chi ci fu, quel giorno che tra le rocce silenziose della Corna Blacca vide l’atto ufficiale di nascita della brigata Perlasca, rappresenta qualche cosa di più che una piccola riga di storia. Di quegli uomini che si incontrarono allora presso quella diroccata casina, oggi metà sono morti. Qua e là fucilati, o impiccati, o uccisi a bastonate, o bruciati vivi. Non diciamo che siano eroi: il mondo regala con troppa facilità la tessera della gloria, salvo poi non praticare che l’abitudine della bassezza. E gli eroi sembrano tutti precisi, tutti alti alla stessa maniera, tutti con lo sguardo al sole, tutti in divisa… Macché, erano tutti diversi: uno fesso, uno brutto, uno frignone…
Emilio Arduino, “Brigata Perlasca”, pp. 48-49
Ma sono morti, e potevano farne a meno, bastava che s’accontentassero di servire i padroni e di passare i giorni al Caffè. Come tanti altri. Ma invece non lo fecero, e così morirono. E noi li ricordiamo.
È con questa citazione che desidero celebrare, anche all’interno del mio blog, questo 25 aprile, ossia l’ottantesimo anniversario della liberazione dal nazifascismo. Una citazione illuminante e senza tempo, che basta da sé a incrinare tutte le accuse mosse alla memoria della Resistenza, al solo scopo di favorire errati quanto superficiali revisionismi. Una citazione da “Brigata Perlasca” di Emilio Arduino, uno dei libri che, se casa mia andasse a fuoco, tenterei a ogni costo di salvare. Pubblicato a Brescia da Vittorio Gatti nel 1946, a solo un anno dalla liberazione, propone un’attenta cronistoria della resistenza di parte delle Fiamme Verdi in Valtrompia e in Valsabbia.
80 anni sono tanti e, per dimenticare, ne bastano meno della metà. E allora torno sui sentieri della Resistenza, anche su quelli di carta e inchiostro, conservati nei libri che la raccontano e che vogliono continuare a difendere i valori che l’hanno animata.
“Brigata Perlasca”: scrigno di memorie e pietra miliare della Resistenza in terra bresciana
L’autore, salito in montagna con il fratello Federico in seguito all’8 settembre 1943, è proprio uno dei “ribelli per amore” su cui il libro è incentrato. Con una penna limpida e appassionante, ci delinea i contorni della lotta resistenziale nella sua quotidianità, nelle sue asprezze continue, nei suoi impedimenti e nelle sue ardite azioni di guerriglia e di sabotaggio.
Riflessioni puntuali accompagnano concitate cronache di rastrellamenti e rievocazioni di momenti tragici, che si alternano tuttavia ad aneddoti più leggeri e quasi comici, oltre che a piccoli quadri di ordinaria convivenza. Il tutto è imbevuto di lampi di una scrittura che definirei fenogliana, vivida e fortemente antiretorica.
“Brigata Perlasca” è una bottiglietta che conserva l’odore intriso di terra e sangue di un passato che, anno dopo anno, non diventa mai lontano e che ha sempre infinitamente tanto da dirci, da ripeterci, da insegnarci.
È come una conchiglia da accostare all’orecchio, ma dal cui ventre non esce il respiro del mare, bensì il soffio ventoso dei monti della Resistenza e il riverbero di voci giovani e belle, rudi e stravolte. Di voci di combattenti che hanno segnato la storia propria e degli altri.
È una scatola in cui il tempo è stato sigillato con cura e con devozione per i propri morti, e dentro c’è un’immensità: il ghiaccio feroce dell’inverno e la lama d’acciaio della paura, il verde ritrovato della primavera e il miracolo di un po’ di riso sul fondo raschiato di una padella, gli abiti sgualciti e impiastricciati di fango, le scaglie di sapone, gli scarponi da riparare e un lungo rosario di sangue, di cui ogni grano è una vita che non si replicherà e di cui rimane la grandezza di una disobbedienza pura.
La lotta delle Fiamme Verdi è ovviamente solo una parte delle forze della Resistenza attive tra Brescia e la sua provincia, ma “Brigata Perlasca”, nelle verità che sa raccontare con genuina bellezza, riesce a rendere onore a tutte le formazioni di ribelli, di qualunque fede, ceto sociale e partito, così come a tutti i collaboratori e a tutte le collaboratrici dei resistenti.
Potete leggere “Brigata Perlasca” nella versione pdf gratuita.

Il 25 aprile è ogni giorno
Oggi, continuare a condividere e a proteggere i valori della Resistenza è un dovuto atto di giustizia. È anche cercare di non incorrere in stereotipi e in inutili sfoggi di retorica, riconoscendo che l’essere umano porta con sé la sua luce e la sua tenebra in ogni tempo e luogo, in ogni situazione e su ogni fronte. Ma è pure saper ammettere che la disobbedienza costituiva l’unico atto giusto ed equo percorribile nell’Italia della Repubblica sociale e dell’occupazione nazista.
Tutelare la memoria della Resistenza è quotidianità e impegno civile. È allenarsi a riconoscere anche il più minimo accenno di ingiustizia sociale e di discriminazione. È trovare il coraggio, anche oggi, di non essere indifferenti, di opporsi laddove necessario facendo udire la propria voce, affinché sia costantemente difesa e mantenuta la libertà – l’insieme delle libertà che riconosciamo come diritto essenziale di ogni essere umano – donataci da chi ha sofferto e combattuto, dando le proprie energie e spesso persino la vita stessa.
Dieci amici senza documenti contro un esercito senza giustizia. E intorno, delle grandi montagne. E questo è bellissimo e triste, anche se non significa niente.
Emilio Arduino, “Brigata Perlasca”, p. 69
Ma questo, invece, significa tutto. E così noi ci impegniamo a ricordarvi, ribelli di un’epoca buia che non possiamo né dobbiamo dimenticare, perché ci indichiate la strada, ieri come oggi e ogni giorno a venire. Perché il 25 aprile è in realtà ogni giorno; riconoscere ciò e far sì che sia vero spetta a noi, nel nostro piccolo e secondo le nostre forze, prolungando e mantenendo tracciati i sentieri della Resistenza.