Vento porpora

Carta di identitร 

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Estratti

Francesca Scotti, “Vento porpora”, p. 254


Era di nuovo con il caporale dal volto perduto. Gli aggiustava i guanciali dietro la testa, lo aiutava a bere, gli medicava le piaghe che il prolungato allettamento gli aveva inciso sulla schiena e sui fianchi. Accanto a lui, nel cerchio del suo sguardo impressionante e intrappolato in un lago di bende, lei non era piรน soltanto se stessa, ma anche tutte le madri e tutte le fidanzate, tutte le mogli e tutte le figlie della terra. Donne chine su una culla, su una bara, su lenzuola insanguinate da un parto, su febbri di fuoco e spettri contorti. Profetesse malinconiche e ardite dei propri vangeli pagani, custodi mortalmente fedeli della memoria, tessitrice di ribellioni punite con la pietra, con le fiamme e con le spine, preghiere viventi e viventi promesse. Donne, tutte le donne. Lei era questo, nella stanza indicibile del suo caporale.


ยซ[โ€ฆ] La guerra, la grande guerra che tutto ha cambiato, dovrebbe essere finita. Del resto, perรฒ, chi vogliamo ingannare? Siamo qui per difendere le legittime libertร . Di Fiume, ma ciรฒ non toglie che siamo, a tutti gli effetti, un esercito. E difendere vuol dire dichiarare guerra a qualcuno, tanto quanto attaccare. La guerra รจ sempre in agguato e scoppia pure se non la vogliamo, proprio e soprattutto mentre ci adoperiamo per la pace. Potremmo tendere con ogni sforzo allโ€™armonia delle stelle e dei boschi, ma sempre ricadremo nel fango della violenza. Potremo avere in cuore tutte le libertร  e le fratellanze del mondo, tutte le brame di eguaglianza e di riscatto, ma restiamo carne da macello legata a pulsioni di comando e di rivalsa. Cosรฌ, fra la tenebra e la bellezza, fra lโ€™amore per unโ€™idea e la ferocia per concretizzata, si consuma il nostro destino.

Francesca Scotti, “Vento porpora”, p. 430

Quel che si dice di “Vento porpora”

– Recensione di Katiuscia Rigogliosi per Brescia si legge
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Piรน di trentโ€™anni di storia italiana, quelli che vanno dalla fine dellโ€™Ottocento al 1931, vissuti e raccontati โ€“ tra grandi eventi storici e piccoli eventi personali โ€“ attraverso gli occhi di una composita famiglia bresciana.

โ€œVento porporaโ€, della giovane scrittrice bresciana Francesca Scotti (Edikit, 2020) รจ un coinvolgente e maestoso romanzo corale che ha per protagonista lโ€™intera famiglia bresciana dei Fontana ma anche la Prima Guerra Mondiale e gli stravolgimenti che essa comporta. Un romanzo avvincente e imponente, di quasi 600 pagine, che unisce ricostruzione storica e coinvolgenti vicende umane calando il genere della grande saga familiare nel contesto bresciano.

Benchรฉ secondo in ordine di pubblicazione, โ€œVento Porporaโ€ racconta lโ€™inizio della saga della famiglia Fontana e quindi precede โ€“ da un punto di vista storico-cronologico โ€“ โ€œFigli della lupaโ€, primo romanzo della giovane autrice bresciana (classe โ€™91), ambientato durante il periodo del fascismo e della Seconda Guerra Mondiale.

La famiglia Fontana, protagonista indiscussa di questo romanzo di quasi 600 pagine e della saga che qui inizia, si origina in bassa Val Camonica, in una vecchia casa del comune di Angolo (ora Angolo Terme). Il ramo della famiglia su cui si incentra il romanzo, tuttavia, risiede in Franciacorta ed รจ composto da Domenico, il capofamiglia, dalla moglie Alma e dai figli: Tatiana, Elisabetta, Irma ed il minore Carlo.

La famiglia Fontana รจ una di quelle classiche famiglie che, alla fine del 1800, sono passate dallโ€™essere semplici contadini a persone di piรน condizione relativamente piรน agiata, senza perรฒ dimenticare le loro origini e senza confondersi con le storiche famiglie perbene del paese.

Proprio una di queste famiglie in vista, quella dei Lancini, spicca in particolar modo nellโ€™economia del romanzo. Formata da Giorgio, il capostipite, dalla moglie Clara e dal figlio Aurelio (quasi sempre accompagnato dallโ€™amica dโ€™infanzia Dalia) la famiglia Lancini condivide molto tempo con la famiglia Fontana. I capostipite dei Fontana e dei Lancini sono, a dispetto delle loro origini diverse (e dei pensieri della sig.ra Clara), grandi amici, tanto da incontrarsi tutte le domeniche per discutere di libri, di avvenimenti, di notizie del mondo.

La prima parte del romanzo รจ dedicata ai primi 20 anni di vita dei giovani Fontana ed allโ€™amicizia tra le due famiglie. Sono anni che procedono quasi lentamente, cullati dallโ€™evolversi delle situazioni, senza che si presentino grossi problemi. Anni allโ€™insegna di fidanzamenti inaspettati, di allevamento di api (Irma, seguendo le orme del padre, diventerร  unโ€™esperta di questi utili animali), dei trasferimenti dei figli Elisabetta e Carlo a Brescia che porteranno lei a diventare una maestra di scuola dโ€™infanzia e lui a dedicarsi ai libri, alternando gli studi allโ€™amicizia ed allโ€™amore.

Tutto scorre nella bambagia: sembra di trovarsi in un magico Eden, come suggerisce il sottotitolo della prima parte del romanzo.

Ben presto, come tutti sappiamo conoscendo la storia del nostro paese, la vita dei nostri protagonisti verrร  tuttavia sconvolta dalla decisione dellโ€™Italia di entrare in guerra, e di mandare i propri uomini (inclusi i Fontana e i Lancini) a combattere battaglie giร  perse in partenza, tra i monti del Trentino e quelli del Friuli, a cavallo di fiumi e di rocce che sbarravano il passo ad ogni soldato.

Brescia mia, mia Leonessa ricca e povera, mia musa e madre, tanto ti amo e tanto non vorrei lasciarti, Parto e chissร  se tornerรฒ. Mi pare che tutto mi abbandoni, che tutto mi volti le spalle. Ciononostante, non mi sottrarrรฒ al mio dovere. Per vivere bene e giustamente, bisogna avere la forza di non ripudiare il dolore. Partirรฒ, quindi. Vorrei poterti portare con me, in una tasca della divisa, come una di quelle sfere di vetro che contengono un paesaggio scolpito su cui cade una polvere simile a neve. Sarร  difficile sopravvivere senza i tuoi tetti, le tue fontane, i tuoi resti romani e le tue campane.


โ€œVento porporaโ€, di Francesca Scotti

Eโ€™ con questo spirito che tutti i giovani soldati, obbligati allโ€™arruolamento, lasciavano le proprie terre, le proprie case ed i propri affetti per dirigersi al fronte: un fronte fatto di morte, di vento, di sangue.

Eโ€™ durante queste lunghe pagine della seconda parte del romanzo, quella dedicata agli anni 1915-1921, che il mio cuore di lettrice si รจ dovuto piรน volte fermare. Per la crudezza dei passaggi, per la serietร  dei momenti, per le vicende di famiglia che mi riaffioravano nella mente facendo nascere lacrime difficili da fermare. Perchรฉ ogni parola scritta, ogni pensiero nascosto tra le righe del romanzo, ogni emozione suscitata da una descrizione, mi ha riportato davanti agli occhi tutte le fotografie di mio nonno, tutti gli aneddoti raccontati alla nonna dopo il suo ritorno e tutte le convinzioni politiche e gli ideali messi sul piatto della bilancia che lโ€™hanno portato a partire, convinto di una vittoria facile e gestibile in poco tempo.

Nessuno di noi, nรฉ i protagonisti del romanzo di Francesca Scotti nรฉ noi figli dei sopravvissuti, potevamo invece immaginare quale scempio, quali ferite e quali morti avremmo portato sulla coscienza.

Non tutti faranno ritorno, e anche quelli che fisicamente riusciranno a rimettere piede nelle proprie case, avranno il cuore a pezzi, ferito, lasciato abbandonato tra i boschi del Tirolo e nelle acque dellโ€™Isonzo.

Ma la vita, si sa, va avanti imperterrita, senza guardare in faccia nessuno, senza chiedersi se non sia il caso di rallentare per dare possibilitร  a tutti di riprendersi da quegli anni di morte. Ed รจ cosรฌ che, quasi in punta di piedi, ci ritroviamo nella terza parte del romanzo, quella che va dal 1921 al 1931.

Anni in cui la famiglia Fontana si ritroverร  a dover ripartire da zero, a dover ricostruire mattone su mattone la propria autonomia e a doversi far forza per prendersi cura dei bambini nati in quegli anni, tra una licenza ed una ripartenza, anche per conto di chi non รจ riuscito a sopravvivere.

Anni in cui non solo la Franciacorta, la Valle Camonica o la cittร  di Brescia, ma tutta la nazione, dovrร  rialzarsi con le proprie forze, abbandonata da chi lโ€™aveva spedita al martirio e biasimata da chi ritiene non sia stato fatto abbastanza per conquistare le terre nemiche.

Il romanzo si chiude cosรฌ, allโ€™inizio degli anni โ€™30, lasciandoci in compagnia della famiglia Fontana riunita tra le mura della propria cascina in campagna, a sognare un mondo adatto ai propri figli e ai propri nipoti, a sperare in un domani piรน roseo e in una vita migliore per tutti.

Anche se, in lontananza, echi di rivolta da una parte dโ€™Europa cominciano a farsi sentire. Echi di uomini in camicia nera, di uomini che scendono in strada per salutare un giovane politico tedesco, che tanto piaceva al popolo germanico.

Il suo nome era Adolf, e non preannunciava nulla di buono nemmeno per la nostra povera Italia, come anche la famiglia Fontana avrร  modo di sperimentare nel romanzo successivo della saga intitolato โ€œFigli della lupaโ€.

La cittร  di Brescia e tutta la sua provincia sono protagoniste indiscusse di questo romanzo, insieme alla famiglia dei Fontana di cui il romanzo racconta le vicende personali.

Brescia accoglie a braccia aperte i giovani Fontana, dando loro la possibilitร  di studiare, di trovare un lavoro, di coltivare amicizie disinteressate e di scovare lโ€™amore. Ma Brescia รจ anche capace di lasciarli andare, di accettare che essi si allontanino dai confini del proprio Castello per spingerli tra le braccia delle montagne trentine e friulane, sino ai vicoli di Caporetto o alle vie di Fiume.

Ed รจ qui che i Fontana ed il paese intero, Brescia e lโ€™Italia, arrivano in un certo senso a fondersi: nellโ€™evolversi delle situazioni, nella condivisione della tragedia. Tutti chiamati a subire gli eventi, e quindi a rialzarsi anche dopo essere caduti innumerevoli volte.

Perchรฉ รจ lโ€™anima del paese tutto ad essere martoriata, smembrata, fatta a pezzi e gettata nei torrenti, con la convinzione che nessuno lโ€™avrebbe trovata.

Ed invece ecco che lโ€™anima del paese si rialza, si ricompone, si risolleva e mostra il capo โ€œfieraโ€ dei propri errori 

Errori fatti di giovani mandati in guerra senza aver mai visto un fucile; di giovani obbligati a scalare montagne con scale di corda, sapendo che il nemico li guardava dalla cima; di giovani donne violentate e abbandonate, sfruttate per un divertimento tra soldati; di giovani madri costrette a fuggire, pena la separazione dai propri figli, figli di nessuno, figli della guerra, figli cresciuti da padri che se ne prendono la responsabilitร  morale senza averne quella materiale. 

Errori fatti di uomini, ragazzi, bambini ritrovati con senza gambe, senza braccia, senza volti, feriti da armi meno potenti delle nostre ma tanto piรน maneggevoli. Perchรจ mandare al fronte soldati con le mitragliatrici e i carri armati in battaglie che si svolgono in montagna non รจ solo da scellerati, ma รจ da gente consapevole che sarebbero morti. Tutti.

Errori fatti di soldati che non sono piรน tornati a casa, abbandonati tra i monti, nei laghi, nei fiumi. Riassemblati alla bellโ€™e meglio in casse di legno e ricordati nei tanti monumenti ai Caduti da lacrime di donne che non hanno altro posto dove piangere il loro amato.

Errori. Perchรฉ la guerra รจ essa stessa lโ€™errore.

E Francesca Scotti, in questo romanzo, ce lo mostra in tutto il suo orrore.

Francesca Scotti nasce a Brescia nel 1991 e si laurea in lingua a letteratura inglese e tedesca allโ€™Universitร  Cattolica della cittร .

Oltre alla letteratura, la sua piรน grande passione รจ la storia, fatto dimostrato ampiamente da questo romanzo che si basa anche su un lavoro di studio e di raccolta dei dati e delle informazioni notevole.

Se le descrizioni storiche ma anche geografiche sono al limite della perfezione, sono forse i piccoli particolari e gli aneddoti snocciolati lungo il romanzo ad essere ancora piรน lodevoli al punto da meritare una menzione particolare.